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mercoledì 6 agosto 2014

Caritas, durante la crisi poveri raddoppiati: 4,8 milioni!

Caritas, durante la crisi poveri raddoppiati: 4,8 milioni!

Austerità. Il rapporto Caritas «Il bilancio della crisi»: «Ci vuole il reddito di inserimento sociale». Ma per il ministro del lavoro Giuliano Poletti «per il momento è difficile». Dall’inizio della crisi i poveri assoluti sono raddoppiati: da 2,4 a 4,8 milioni, mentre la spesa sociale è stata tagliata da 2,5 miliardi a 964 milioni. Questa è la storia di un flagello: meno hai oggi, meno avrai domani
Caritas: "Raddoppiati i poveri" 

La crisi ha aumen­tato la povertà asso­luta in Ita­lia. Nel 2007, ultimo anno di cre­scita del Pil, i poveri erano 2,4 milioni (il 4,1% della popo­la­zione), men­tre nel 2012 vive­vano in povertà asso­luta 4,8 milioni di ita­liani, l’8% del totale. Da Ber­lu­sconi fino a Renzi, i governi hanno fatto finta di nulla occul­tando la gra­vità di que­sto flagello.E così hanno con­ti­nuato a tagliare la già esi­gua quota di risorse pub­bli­che stan­ziate per fronteggiarla.
Se nel 2008 i fondi sta­tali per il con­tra­sto della povertà erano pari a 2 miliardi e mezzo di euro, tagliando e rita­gliando nel 2013 gli stan­zia­menti sono arri­vati a 766 milioni di euro. Il goveno Letta ha fatto sgoc­cio­lare qual­che spic­colo sul fondo fami­glia, su quello per le pari oppor­tu­nità, sulle poli­ti­che gio­va­nili e sul fondo per la non auto­suf­fi­cienza, por­tando il livello a 964 milioni. Un miliardo 536 mila euro in meno dall’inizio della crisi, quando i poveri uffi­cial­mente cen­siti erano 2,4 milioni in meno.
Il rap­porto Cari­tas «Il bilan­cio della crisi», pre­sen­tato ieri a Roma da Don Fran­ce­sco Soddu (diret­tore Cari­tas Ita­liana) e Cri­stiano Gori dell’università Sacro Cuore di Milano, è inte­res­sante per­chè spe­ci­fica i numeri di que­sta guerra ai poveri. Solo nell’ultimo anno il fondo per le poli­ti­che sociali è stato tagliato di altri 27 milioni di euro, pas­sando da 344 a 317 milioni di euro. E non si può dire che a qual­cuno sia sfug­gito il fatto che in Ita­lia i poveri asso­luti siano aumen­tati, senza con­tare quelli «rela­tivi», i pre­cari e i disoc­cu­pati. Que­sta cecità non è improv­visa, bensì pro­gram­ma­tica. è il risul­tato del dar­wi­ni­smo eco­no­mico che con­si­dera le tutele sociali come varia­bili dipen­denti dell’imperativo del pareg­gio di bilan­cio e del patto di sta­bi­lità interno.
I tagli,uniti alla ridu­zione dei tra­sfe­ri­menti era­riali ai comuni e ai vin­coli impo­sti dal sud­detto patto di sta­bi­lità interno hanno impo­sto il con­te­ni­mento dei livelli di spesa sociale da parte dei comuni. Le riper­cus­sioni peg­giori di que­sti tagli sono state regi­strate al Sud e nelle isole, scrive Nun­zia De Capite nel rap­porto, dov’è mag­giore l’incidenza dei fondi nazio­nali sulle poli­ti­che sociali. In Cala­bria, ad esem­pio, la spesa è di 25 euro a per­sona. Nella pro­vin­cia auto­noma di trento è pari a 282 euro.
Si tratta di una spesa tutta con­cen­trata su inter­venti per fami­glie o minori e disa­bili, ina­de­guata per le loro neces­sità e oltre tutto discri­mi­na­to­ria rispetto ad altre cate­go­rie della povertà, della pre­ca­rietà e della disoc­cu­pa­zione. A causa dell’austerità, gli enti locali hanno tagliato la spesa del 2% dal 2010 al 2011, men­tre le inte­gra­zioni al red­dito sono dimi­nuite da 762 euro nel 2010 ai 736 euro a per­sona nel 2011. Tutto que­sto men­tre aumen­tava la pla­tea dei bene­fi­ciari: dagli 11.800 del 2010 ai 13 mila del 2011. È la legge diret­ta­mente pro­por­zio­nale dell’austerità: meno hai oggi, meno avrai in futuro, fino a non rice­vere nulla.
Al mini­stro del lavoro Giu­liano Poletti che ha par­te­ci­pato alla pre­sen­ta­zione del rap­porto, il diret­tore della Cari­tas Soddu ha rin­no­vato l’invito a pen­sare almeno ad «una misura nazio­nale con­tro la povertà asso­luta». La Cari­tas l’ha chia­mata «red­dito d’inclusione sociale». Ogni fami­glia riceve men­sil­mente una somma pari alla dif­fe­renza tra il pro­prio red­dito e la soglia di povertà, così da disporre dell’insieme di risorse eco­no­mi­che neces­sa­rie ad uno stan­dard di vita mini­ma­mente accet­ta­bile. «Diven­terà realtà — sot­to­li­nea l’organismo della Cei nel rap­porto — se Renzi e Poletti faranno della lotta alla povertà una prio­rità poli­tica». Il «Ris» dovrebbe costare più di 7 miliardi all’anno.
Poletti ha escluso che que­sto possa avvenire.«Immediatamente è dif­fi­cile — si è giu­sti­fi­cato Poletti — poi­ché abbiamo biso­gno di costruire anche un’infrastruttura che ci con­senta di farlo, il nostro paese non ha una dota­zione del tipo ban­che dati o ele­menti di ana­lisi». Insomma, in attesa che il governo isti­tui­sca un’«anagrafe» per i 4.8 milioni di poveri «asso­luti», i comuni con­ti­nue­ranno a tagliare i fondi. Non è man­cato un rife­ri­mento al bonus Irpef da 80 euro per il lavoro dipen­dente. Il «con­tri­buto» non ha ovvia­mente avuto effetti sulla povertà, anche per­chè Renzi ha pre­fe­rito il lavoro dipen­dente agli «inca­pienti». Poletti sostiene che il bonus verrà esteso anche a loro nel 2015.
Prima il «ceto medio impo­ve­rito». Poi le urgenze inno­mi­na­bili. Que­sta è la visione non pro­prio uni­ver­sa­li­stica che ha il governo. «Que­ste dichia­ra­zioni ci lasciano pre­oc­cu­pati — ha detto il pre­si­dente delle Acli Giu­seppe Bot­ta­lico — non abbiamo riscon­trato una volontà ad avviare un per­corso strut­tu­rato con­tro la povertà». Solo inter­venti a piog­gia e com­pas­sio­ne­voli. Sono le poli­ti­che sociali in tempo di guerra. Quella dell’austerità.

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