UA-38565391-1

giovedì 7 agosto 2014

A Bracciano oltre il danno la beffa. Una media di 300 euro a utenza, per un consumo medio pari a quello di una famiglia di tre persone

A Bracciano oltre il danno la beffa. Una media di 300 euro a utenza, per un consumo medio pari a quello di una famiglia di tre persone

Di Stefano Vladovich
Un anno di arsenico negli acquedotti pubblici, poi un nuovo allarme fluoruri, infine la “batosta”. Dopo il divieto assoluto di utilizzo dell’acqua potabile a Bracciano (concentrazioni di arsenico di 15 mg/l su un limite massimo di 10 mg/l e di fluoruri, 2,3 mg/l, limite di 1,5 mg/l negli acquedotti Lega e Fiora), puntuali arrivano le cartelle per i pagamenti dell’acqua contaminata, il cui uso è stato vietato da un’apposita ordinanza comunale. È proprio il caso di dirlo: oltre al danno la beffa, ovviamente sotto forma di tributo. Una media di 300 euro a utenza, per un consumo medio pari a quello di un nucleo familiare composto da tre persone, la somma richiesta in questi giorni dal piccolo quanto contestato comune a Nord di Roma. Arrivo delle missive con allegati bollettini postali? Il 25 luglio, per un termine ultimo di pagamento (prima rata) del 31 luglio. “Siamo stati costretti persino a lavarci i denti con l’acqua minerale - ricordano a dir poco furibondi alcuni residenti della cittadina lacustre - e se si aveva una ferita non era possibile nemmeno lavarsi. Per cuocere la pastasciutta facevamo lunghe code davanti le uniche due fontanelle d’acqua potabile, sul lungolago Argenti. Era già accaduto nel 2010 e poi ancora nel 2011 quando l’acqua a Vigna di Valle era piena d’arsenico. Adesso ci chiedono fior di quattrini e nemmeno un euro di sconto. Vi sembra giusto?”. Una questione a dir poco spinosa per il primo cittadino Giuliano Sala. La conosce bene anche il suo collega di partito nonché sindaco Pd della capitale, Ignazio Marino. L’allarme nella zona Nord di Roma scoppia alla fine di febbraio quando, solo per caso, qualcuno scorge una piccola notizia sul sito istituzionale di Roma Capitale. I Municipi XIV e XV, Cassia, sarebbero avvelenati da concentrazioni di arsenico ben oltre i limiti di legge. Nemmeno un avviso alla cittadinanza che, ignara, continua a bere per altri giorni acqua contaminata. Sette gli acquedotti incriminati che servono migliaia di cittadini. A rendere nota la questione, però, un comunicato congiunto dei capogruppo regionale e capitolino di Forza Italia, Luca Gramazio e Giovanni Quarzo, oltre al locale club forzista con il presidente Vincenzo Leli. Imbarazzante il gap tra la dichiarazione d’emergenza dell’Arpa Lazio, l’Agenzia Regionale per l’Ambiente, e le istituzioni: sei giorni. Tornando a Bracciano è proprio di questi giorni, 25 luglio, la nuova emergenza legata ai fluoruri disciolti nell’acquedotto Lega (2,3 mg/l) nella zona compresa tra la strada provinciale Braccianese Claudia, la provinciale Settevene Palo e l’abitato Vigna di Valle, vicino l’aeroporto militare. L’amministrazione ha subito provveduto all’approvvigionamento idrico tramite autobotti, fino a quando sarà terminata l’emergenza. Allo stesso modo il Comune braccianese ha provveduto, senza pensarci un solo istante, a spedire le cartelle esattoriali per il “servizio dell’acquedotto” anni 2012 e 2013. Cosa che nel limitrofo comune di Fiumicino, almeno in parte, nessuno ha avuto il coraggio di fare. La cittadina aeroportuale, composta da almeno un’altra dozzina di realtà più o meno grandi fra cui Fregene, Focene, Isola Sacra, Maccarese, Torrimpietra, Palidoro, Aranova solo per citarne alcune, negli ultimi mesi le ha viste davvero tutte: arsenico nella pittoresca frazione di Tragliata, tubature in amianto a Testa di Lepre, sabbia e calcare nell’acqua di Aranova. Nel 2011 viene emessa un’ordinanza di divieto d’uso dell’acqua a Tragliata ma il tavolo tecnico per risolvere la questione, promesso dal sindaco, il senatore Pd Esterino Montino, pare non abbia portato a molto. Unica vittoria (di Pirro) delle associazioni di cittadini? L’esonero dal pagamento delle bollette relative ai consumi dell’acqua “avvelenata” dell’anno passato. L’Arsial, difatti, nel marzo scorso aveva inviato le sospensioni di questi tributi ai cittadini residenti nelle zone colpite dall’arsenico. Ironia della sorte, la lettera, datata e inviata il 26 Marzo, è stata recapitata dopo il termine ultimo di pagamento, 28 Marzo (primo e secondo semestre 2013 dichiarato sospeso dall’Arsial stessa). Più o meno come accaduto a Bracciano, con le debite differenze: qui le missive di pagamento, datate 20 maggio 2014, inspiegabilmente sono state consegnate due mesi (non due giorni) dopo. Sarà un caso ma il ritardo riesce a farle arrivare perfettamente a ridosso della prima scadenza. Nemmeno il tempo di protestare (l’ufficio competente è aperto tre volte a settimana, di cui una sola volta di pomeriggio). Tant’è. I cittadini di Fiumicino, dal canto loro, adesso chiedono la restituzione del denaro sborsato per gli anni precedenti al 2013, oltre ai rimborsi per quanti hanno effettuato il pagamento non dovuto. “È il caso che si prenda in esame anche il blocco retroattivo delle bollette precedenti - dicono i cittadini - e venga creato un fondo per rimborsare chi per anni ha versato soldi per un continuo disservizio”. Succederà anche nel comune lacustre? “Il sindaco di Bracciano dovrebbe prendere spunto da quanto accaduto a Fiumicino” dice una donna in coda allo sportello servizi idrici di via Principe di Napoli. “Per un anno - continua - c’è stato il divieto di lavarci con l’acqua contaminata. E abbiamo speso una barca di soldi. Giustizia vuole che adesso questo denaro ci venga restituito, almeno in parte considerando che il Comune ha poi provveduto a realizzare nuovi impianti di depurazione”. E gli esercizi pubblici? A Bracciano bar, ristoranti, panifici, fast food e altri sono stati costretti ad acquistare, naturalmente a proprie spese, dearsenificatori e filtri vari. “Rimborsi? Sarebbero pura fantascienza” - sostengono i consiglieri d’opposizione - visto che l’amministrazione ha acceso un nuovo mutuo per un milione e 700mila euro, della durata di 29 anni solo per pagare vecchi debiti”. Link:http://goo.gl/bJ14tp In allegato troviamo le ordinanze ASL RMF con Arsenico.http://goo.gl/sorCOR Chiediamo un ricorso attraverso.
Rivolgersi alla Confconsumatori Nazionalehttp://confconsumatorilazio.jimdo.com/
Oppure Codacons : http://www.codacons.it/

mercoledì 6 agosto 2014

Patto del Nazareno: ora è tutto più chiaro…

Patto del Nazareno: ora è tutto più chiaro…

Patto del Nazareno? Finalmente è tutto chiaro! Due interviste rilasciate da Renzi e Berlusconi ai rispettivi giornali di partito (Repubblica, il Giornale) chiariscono finalmente i dubbi attorno all’accordo tra i due leader politici. Per Matteo Renzi(parte sinistra della foto) il patto del Nazareno è stato scritto nero su bianco e contiene gli atti parlamentari riguardanti le riforme presentati dai due partiti(PD/FI), Berlusconi(parte destra della foto) sostiene che non ci sia nulla di scritto e smentisce categoricamente accordi sulla riforma della giustizia ed elezione del Presidente della Repubblica.
berlusconi-renzi

Caritas, durante la crisi poveri raddoppiati: 4,8 milioni!

Caritas, durante la crisi poveri raddoppiati: 4,8 milioni!

Austerità. Il rapporto Caritas «Il bilancio della crisi»: «Ci vuole il reddito di inserimento sociale». Ma per il ministro del lavoro Giuliano Poletti «per il momento è difficile». Dall’inizio della crisi i poveri assoluti sono raddoppiati: da 2,4 a 4,8 milioni, mentre la spesa sociale è stata tagliata da 2,5 miliardi a 964 milioni. Questa è la storia di un flagello: meno hai oggi, meno avrai domani
Caritas: "Raddoppiati i poveri" 

La crisi ha aumen­tato la povertà asso­luta in Ita­lia. Nel 2007, ultimo anno di cre­scita del Pil, i poveri erano 2,4 milioni (il 4,1% della popo­la­zione), men­tre nel 2012 vive­vano in povertà asso­luta 4,8 milioni di ita­liani, l’8% del totale. Da Ber­lu­sconi fino a Renzi, i governi hanno fatto finta di nulla occul­tando la gra­vità di que­sto flagello.E così hanno con­ti­nuato a tagliare la già esi­gua quota di risorse pub­bli­che stan­ziate per fronteggiarla.
Se nel 2008 i fondi sta­tali per il con­tra­sto della povertà erano pari a 2 miliardi e mezzo di euro, tagliando e rita­gliando nel 2013 gli stan­zia­menti sono arri­vati a 766 milioni di euro. Il goveno Letta ha fatto sgoc­cio­lare qual­che spic­colo sul fondo fami­glia, su quello per le pari oppor­tu­nità, sulle poli­ti­che gio­va­nili e sul fondo per la non auto­suf­fi­cienza, por­tando il livello a 964 milioni. Un miliardo 536 mila euro in meno dall’inizio della crisi, quando i poveri uffi­cial­mente cen­siti erano 2,4 milioni in meno.
Il rap­porto Cari­tas «Il bilan­cio della crisi», pre­sen­tato ieri a Roma da Don Fran­ce­sco Soddu (diret­tore Cari­tas Ita­liana) e Cri­stiano Gori dell’università Sacro Cuore di Milano, è inte­res­sante per­chè spe­ci­fica i numeri di que­sta guerra ai poveri. Solo nell’ultimo anno il fondo per le poli­ti­che sociali è stato tagliato di altri 27 milioni di euro, pas­sando da 344 a 317 milioni di euro. E non si può dire che a qual­cuno sia sfug­gito il fatto che in Ita­lia i poveri asso­luti siano aumen­tati, senza con­tare quelli «rela­tivi», i pre­cari e i disoc­cu­pati. Que­sta cecità non è improv­visa, bensì pro­gram­ma­tica. è il risul­tato del dar­wi­ni­smo eco­no­mico che con­si­dera le tutele sociali come varia­bili dipen­denti dell’imperativo del pareg­gio di bilan­cio e del patto di sta­bi­lità interno.
I tagli,uniti alla ridu­zione dei tra­sfe­ri­menti era­riali ai comuni e ai vin­coli impo­sti dal sud­detto patto di sta­bi­lità interno hanno impo­sto il con­te­ni­mento dei livelli di spesa sociale da parte dei comuni. Le riper­cus­sioni peg­giori di que­sti tagli sono state regi­strate al Sud e nelle isole, scrive Nun­zia De Capite nel rap­porto, dov’è mag­giore l’incidenza dei fondi nazio­nali sulle poli­ti­che sociali. In Cala­bria, ad esem­pio, la spesa è di 25 euro a per­sona. Nella pro­vin­cia auto­noma di trento è pari a 282 euro.
Si tratta di una spesa tutta con­cen­trata su inter­venti per fami­glie o minori e disa­bili, ina­de­guata per le loro neces­sità e oltre tutto discri­mi­na­to­ria rispetto ad altre cate­go­rie della povertà, della pre­ca­rietà e della disoc­cu­pa­zione. A causa dell’austerità, gli enti locali hanno tagliato la spesa del 2% dal 2010 al 2011, men­tre le inte­gra­zioni al red­dito sono dimi­nuite da 762 euro nel 2010 ai 736 euro a per­sona nel 2011. Tutto que­sto men­tre aumen­tava la pla­tea dei bene­fi­ciari: dagli 11.800 del 2010 ai 13 mila del 2011. È la legge diret­ta­mente pro­por­zio­nale dell’austerità: meno hai oggi, meno avrai in futuro, fino a non rice­vere nulla.
Al mini­stro del lavoro Giu­liano Poletti che ha par­te­ci­pato alla pre­sen­ta­zione del rap­porto, il diret­tore della Cari­tas Soddu ha rin­no­vato l’invito a pen­sare almeno ad «una misura nazio­nale con­tro la povertà asso­luta». La Cari­tas l’ha chia­mata «red­dito d’inclusione sociale». Ogni fami­glia riceve men­sil­mente una somma pari alla dif­fe­renza tra il pro­prio red­dito e la soglia di povertà, così da disporre dell’insieme di risorse eco­no­mi­che neces­sa­rie ad uno stan­dard di vita mini­ma­mente accet­ta­bile. «Diven­terà realtà — sot­to­li­nea l’organismo della Cei nel rap­porto — se Renzi e Poletti faranno della lotta alla povertà una prio­rità poli­tica». Il «Ris» dovrebbe costare più di 7 miliardi all’anno.
Poletti ha escluso che que­sto possa avvenire.«Immediatamente è dif­fi­cile — si è giu­sti­fi­cato Poletti — poi­ché abbiamo biso­gno di costruire anche un’infrastruttura che ci con­senta di farlo, il nostro paese non ha una dota­zione del tipo ban­che dati o ele­menti di ana­lisi». Insomma, in attesa che il governo isti­tui­sca un’«anagrafe» per i 4.8 milioni di poveri «asso­luti», i comuni con­ti­nue­ranno a tagliare i fondi. Non è man­cato un rife­ri­mento al bonus Irpef da 80 euro per il lavoro dipen­dente. Il «con­tri­buto» non ha ovvia­mente avuto effetti sulla povertà, anche per­chè Renzi ha pre­fe­rito il lavoro dipen­dente agli «inca­pienti». Poletti sostiene che il bonus verrà esteso anche a loro nel 2015.
Prima il «ceto medio impo­ve­rito». Poi le urgenze inno­mi­na­bili. Que­sta è la visione non pro­prio uni­ver­sa­li­stica che ha il governo. «Que­ste dichia­ra­zioni ci lasciano pre­oc­cu­pati — ha detto il pre­si­dente delle Acli Giu­seppe Bot­ta­lico — non abbiamo riscon­trato una volontà ad avviare un per­corso strut­tu­rato con­tro la povertà». Solo inter­venti a piog­gia e com­pas­sio­ne­voli. Sono le poli­ti­che sociali in tempo di guerra. Quella dell’austerità.

venerdì 1 agosto 2014

STOP AI FITOFARMACI




Chi vive nella Tuscia conosce benissimo i problemi che i castanicoltori stanno attraversando, specie in questi ultimi anni, a causa di un piccolo quanto temibile insetto conosciuto con il nome di cinipide del castagno o vespa galligena (Dryocosmus kuriphilus Yatsumatsu). Questo patogeno importato dalla Cina, nel giro di pochi anni, ha praticamente azzerato la produzione delle castagne, a causa del forte deperimento vegetativo conseguente l'infestazione.
A nulla è valso l'utilizzo massiccio di fitofarmaci che hanno in realtà peggiorato la situazione dando il via, in molti casi, ad altri tipi di infestazioni oltre che alla scomparsa di gran parte dell'avifauna e degli altri organismi necessari al mantenimento degli equilibri ambientali. L'utilizzo massiccio di questi prodotti chimici, potrebbe avere anche gravi effetti acuti e cronici sulla salute umana, al punto che alcuni sindaci italiani hanno emesso ordinanze restrittive per l'accesso nei castagneti.
L'interrogazione, depositata in Commissione Agricoltura dal deputato Massimiliano Bernini, è stata depositata con lo scopo di sollecitare il Governo ad agire secondo quanto approvato all'unanimità qualche mese fa.
La lotta biologica ha già dato ottimi risultati in altre parti del mondo e in Italia, dove in Piemonte è portata avanti da alcuni anni e dove il problema del Cinipide del castagno è ormai quasi risolto.
Il concetto è semplice: contrastare introducendo nei castagneti, l'imenottero parassitoide Torymus sinensis Kamijo, antagonista naturale della vespa galligena.
È necessario vietare i trattamenti chimici in tutti i castagneti italiani, affinché il Torymus possa insediarsi e moltiplicarsi, raggiungendo una popolazione tale da eradicare il Cinipide. Albert Einstein ha affermato che "Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi". Anni di lotta chimica alla vespa galligena hanno confermato questa sua affermazione.
È ora di cambiare strategia.
M5s Agricoltura

mercoledì 30 luglio 2014

O Noi o Loro

Disqus for Bracciano Movimento 5 Stelle