Claudio Borghi, ancora nel convegno a 5 Stelle sull'Economia europea, decide di trattarci male, giusto quel tanto per svegliarci... "Signori, devo farlo, scusatemi, ma devo essere cattivo, molto cattivo. E quindi, siete pronti a farvi brutalizzare? Non vorrei farlo a voi, ma i veri colpevoli non sono presenti e quindi fido che lo facciate voi dopo. Dunque, se il problema è l'Euro, allora siamo costretti a stabilire le priorità, perchè il tempo è molto poco...."
Ascoltiamo l'intero intervento che il professore ha tenuto nel terzo appuntamento del ciclo di incontri promossi dal gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle con economisti ed esperti per discutere delle politiche europee, dell'impatto dei vincoli dell'Ue sulla nostra economia e delle prospettive della moneta unica.
"Quando in Parlamento si votò per approvare i disastrosi «fondi salvastati» e «fiscal compact» i principali quotidiani titolarono su Ruby o sul caldo (era luglio). La voce degli economisti che denunciavano le colpe europee fu zittita dalla cappa di omertà stesa dal sostegno compatto che i media riservarono a Monti. Adesso però il monte di bugie, di fallimenti e di danni è troppo alto per essere ancora nascosto dal tappeto e oggi succederà quello che solo poco tempo fa era impensabile: le ragioni di quei pochi che in Italia hanno continuato ad informare e denunciare la vera causa della crisi verranno dette direttamente nelle stanze del Parlamento europeo a Bruxelles. Il nostro lavoro di informazione è stato continuo e difficilissimo: oltre agli spazi coraggiosamente concessi da pochi altri quotidiani e abbiamo dovuto usare intensamente canali indipendenti come i forum e i social network, ma alla fine il messaggio è passato ma non è abbastanza. La verità è semplice da spiegare. La crisi della nostra democrazia dove i governi e le politiche sono imposte dall'alto lasciandoci accapigliare per le briciole è ormai sotto gli occhi di tutti. Noi a Bruxelles spiegheremo che la disoccupazione è figlia inevitabile di una moneta troppo forte per un'economia debole e che non è in grado di reagire agli shock con tutti gli strumenti che invece i Paesi a normale sovranità monetaria possono utilizzare. Diremo che l'austerità e le tasse sono state imposte per abbattere deliberatamente il mercato interno pareggiando così la bilancia commerciale. Denunceremo che, mentre il nostro governino si contorce per trovare duecento milioni per eliminare l'ultimo pezzo di Imu, sono stati trovati, senza colpo ferire, senza dibattito e senza informazione, cinquantamila milioni da destinarsi a prestiti con cui altri Paesi hanno ripagato debiti che non avevano con noi. Racconteremo come le regole che impongono il pareggio di bilancio siano in aperta violazione dei trattati fondativi dell'Unione e proveremo a delineare prospettive e regole che sarà bene seguire quando si arriverà alla ricostruzione. Cercheremo di evidenziare alcune (tutte è impossibile) delle grandi bugie che sono state riversate costantemente sui cittadini approfittando dei sensi di colpa degli italiani per dei difetti che indubbiamente ci sono ma che non sono causa diretta dell'attuale disastro. Dimostreremo che la colpa non è del debito pubblico, che non siamo diventati improvvisamente improduttivi, ma che siamo inevitabilmente andati fuori mercato per l'impossibilità di aggiustare le differenti velocità delle economie, che l'unica strada che ci viene offerta è quella del forte taglio dei salari imposto con l'arma della disoccupazione quando invece bisognerebbe essere messi in condizione di poter fare l'opposto. Spiegheremo perché le paure dei disastri che accadranno quando si uscirà dall'euro sono fantasie prive di fondamento e che il disastro vero è quanto è già successo e sta succedendo. Il Partito unico dell'euro ha i giorni contati: i partiti tradizionali non potranno più ignorare le questioni vere. La Lega, con la nuova leadership di Matteo Salvini, si dichiarerà apertamente per l'uscita dall'euro; Grillo, spinto dalla base, ha riproposto la questione (se pur con lo strumento impraticabile del referendum), Fratelli d'Italia assume posizioni sempre più critiche e inevitabilmente altre forze, da sinistra a destra, a partire da Forza Italia, dovranno presto confrontarsi con la questione euro. Non si può essere di sinistra e sostenere uno strumento che crea disoccupazione, non si può essere liberisti e vincolarsi mani e piedi. La scelta di campo sarà fra chi vuole mantenere questo sistema e chi vorrà ritornare libero. L'informazione è la chiave. Anche a Bruxelles non si potrà più fare finta di non sapere."
COME SI ESCE DALL’EURO?
BORGHI:
Innanzitutto nessuno ve lo spiega perché non ci sono grandi precedenti, nel senso che è successo in passato che ci sono stati dei cambi di valuta, siamo passati dalla lira all’euro e il giorno dopo eravamo ancora tutti lì. Quello che spaventa è il fatto di passare da una valuta debole a una forte. Tutti pensano che sia facile, perché normalmente c’è un vecchio detto che dice che la moneta buona scaccia la moneta cattiva. Quindi ad un certo punto, se c’è un cambiamento con una moneta che viene considerata preferibile rispetto agli altri, tutti prendono quella, si liberano senza troppe remore della moneta vecchia e siamo tutti a posto, nessuno protesta. Il contrario invece crea qualche preoccupazione, tant’è vero che già si sta parlando, di questi tempi, parlando della Grecia, di timore di corsa agli sportelli. Perché, molto semplicemente, se io temo che la mia moneta d’oro diventi ope legis una pizza di fango, cercherò se è possibile di sottrarla da tutti i posti dove questa moneta possa essere convertita in maniera forzosa in una roba meno valida e meno buona. Quindi cosa succede? Succede che il greco, temendo il ritorno alla dracma, cerca di prelevare l’euro, metterselo sotto il materasso, metterlo in un conto all’estero, e così via, in modo tale che poi quando arriverà il giorno, se arriverà, che gli daranno la dracma, a questo punto sul conto corrente non ci sarà nulla, lui non ha particolari problemi, riporta poi indietro dal conto in Svizzera o dal materasso o da quello che è i suoi euro, li cambia in dracma quando serve per mangiare qualcosa e potrà comprarne molto di più, perché se prima con un euro convertito in dracma, qualsiasi tipo di tasso di conversione, poteva con il cambio ufficiale comprare due yogurt, dopo che la dracma si sarà svalutata, con lo stesso tipo di euro ne può comprare quattro. Per cui l’intento di mettersi in salvo è quello.
Chi ragiona sulla distruttività di questo processo, spesso e volentieri lo fa ragionando come se fosse una cosa imprevista e immediata, vale a dire improvvisamente ad un certo punto una società serena e tranquilla viene colta dal pericolo improvviso della conversione, di disastri finanziari, a quel punto si scatena il panico, la corsa agli sportelli e l’obbligo di chiudere le banche e così via. In realtà gran parte di questo processo è già avvenuto. Il fatto è questo, che la gente non capisce che per mettersi totalmente in salvo l’operazione è molto semplice e chi ha un po’ di cultura finanziaria lo sa e lo ha già fatto. Vale a dire, io ho dei risparmi in una banca italiana e sono investiti in titoli di Stato, questo titolo di Stato potenzialmente diventa a rischio nel momento stesso in cui cambio la valuta, perché posso dire che tutto il debito, in generale tutti i contratti effettuati sul territorio italiano ritornano in lire, oppure in Grecia ritornano in dracme e così via. Quindi io ho un titolo di Stato greco denominato in euro, io posso unilateralmente dire che questo verrà restituito in dracme, quando c’è la conversione. Se io invece, io greco, così come io argentino all’epoca, magari, quando è successa la svalutazione dell’Argentina, io mi compro un titolo di Stato tedesco, nessuno me lo tocca perché il mio debitore è la Germania. Quindi se io oggi compro un Bund tedesco o un’obbligazione americana, se proprio non voglio avere a che fare con l’euro, e domani torniamo alla lira, il mio titolo non viene minimamente cambiato, quindi sta sul mio conto corrente, sul mio deposito titoli in Italia e il mio debitore sarà lo Stato americano, lo Stato tedesco e così via, quindi non avrò alcun effetto negativo dalla conversione. Questo processo, vale a dire di vendita di titoli non troppo sicuri o quantomeno su cui improvvisamente è arrivata un’ombra, per andare a comprare dei titoli invece che sono sicuri, matematici al 100% in quanto a restituzione, è già avvenuto e si chiama spread. Lo spread non è che nasce come un fungo, lo spread nasce perché c’è qualcuno che vende una cosa e compra quell’altra, a quel punto si crea una divergenza che è appunto lo spread. Se io vendo titoli italiani per comprare titoli tedeschi, automaticamente così facendo do origine allo spread. Quindi questo flusso, diciamo così, di fuga lenta dagli sportelli, fatto per tramite del debito, c’è già stato. Quindi, per carità, io dico se domani, perché magari io conosco le segrete cose, mi dicessero “guarda, non dirlo a nessuno, tra una settimana usciamo dall’euro e torniamo alla lira”, probabilmente quelle due lire che posso avere sul conto corrente posso magari mettermele a casa aspettando per evitare di incappare nella conversione, ma sono due lire; non credo che io venderei un titolo di Stato italiano magari a 70 per comprare un titolo tedesco a 130 pensando di farci chissà che gran guadagni, pur sapendo che tra una settimana ci sarà la conversione. Perché ad un certo punto io avrò un titolo italiano, sì, in lire che si svaluterà, io dico, molto meno di quello che la gente pensa, però si svaluterà. Ma è già svalutato! Cioè in questo momento lo spread ha già fatto arrivare tutta la svalutazione su tutti i titoli di debito. Quindi il fatto che quotino prezzi molto molto bassi rispetto al prezzo dei titoli di stato – virgolette – “sicuri” come quelli tedeschi, comporta che in ogni caso le cose sono già state fatte. Forse, ecco, starei attento magari sui titoli a breve termine. I titoli a breve termine, tipicamente un BOT, il BOT vale 100 perché tanto viene rimborsato tra tre mesi o sei mesi, ecco quello sì prenderebbe la conversione. Quindi se io avessi un BOT che scade tra quattro mesi e quindi vale 100 e sapessi che tra due settimane torniamo alla lira, quello non vorrei averlo perché mi ridaranno poi un BOT in lire, allora a quel punto lo venderei a 100, se me lo dicessero prima, e mi comprerei un titolo di Stato americano oppure anche un titolo bancario olandese, insomma qualsiasi cosa fuori dall’euro. Però questa procedura, questa fuga agli sportelli tanto temuta e così via, in gran parte, per quello che riguarda il debito, che è un po’ il grosso dei quantitativi monetari che ci sono in circolazione, è già avvenuta.
MESSORA: sì, perché non è che uno si tiene 100 milioni di euro in liquidità sul conto corrente, avrà dei titoli, avrà delle obbligazioni. Quindi, continuando nel nostro percorso, che cosa succede? Decidiamo per esempio che venerdì sera si torna alla lira.
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“L’Italia è al capolinea, dovrà uscire dall’Euro”
Recessione vicina alla fine e crescita da agganciare? Secondo buona parte della politica italiana sì, ma i dati continuano a dire il contrario. Il quotidiano britannico “Telegraph”, sempre più impegnato sul fronte delle tesi anti-euro, ne snocciola parecchi citando uno studio di Mediobanca, che dimostrerebbero la gravità della crisi in cui si trova tutt’ora il nostro Paese. Il rapporto di Mediobanca non lo dice esplicitamente, ma lo fa intendere: l’Italia starebbe meglio fuori dall’Eurozona.
Numeri in ribasso. Se l’Istat ha limato ancora una volta al ribasso le stime del Pil del 2013 (-1,8%), ad agosto la produzione industriale italiana è scesa del 4,4% su base annua e gli ordini del 6,8%, e la Banca d’Italia ha confermato che il credito alle imprese non finanziarie si è ridotto più che a luglio del 4,6%. Lo studio di Mediobanca riportato dal Telegraph e redatto da Antonio Guglielmi, prende atto di un debito pubblico salito al 133% del Pil, il 15% in più in soli 15 mesi. Per assenza di crescita, spiega Guglielmi. Il quale non crede nelle previsioni di un Pil a +1% nel 2014, in quanto queste percentuali negli ultimi anni sono state raggiunte dall’Italia, quando l’economia mondiale era in pieno boom, figurarsi adesso che le cose non vanno bene nemmeno altrove.
Fuori dall’euro?. Il rapporto di Mediobanca non lo dice esplicitamente, ma lascia intendere che l’Italia starebbe meglio fuori dall’Eurozona. Anche perchè la Germania ha ormai accumulato un surplus commerciale di 1.400 miliardi di dollari, il 50% del Pil tedesco, mentre l’Italia perde competitività dal 1996. Una situazione che porta paradossalmente i tedeschi a crescere (anche) a nostre spese. Secondo il rapporto l’Italia si troverebbe nella settima fase del “ciclo di Frenkel“, quella del collasso. Le ragioni risiedono in un’unione monetaria che non soddisfa nessuna delle quattro condizioni obbligatorie per la sua esistenza: perfetta mobilità del lavoro, flessibilità di prezzi e salari, trasferimenti fiscali e cicli economici allineati.
Il macigno del debito pubblico. Secondo il Prof. Giuseppe Ragusa della Luiss Guido Carli di Roma, il debito pubblico potrebbe arrivare al 150% del Pil in pochissimi anni, perché anche con una crescita dello 0,6%, il rapporto tra debito e Pil potrebbe aumentare del 5% all’anno. E la politica italiana non starebbe facendo nulla, limitandosi a sperare che la ripresa del resto dell’Eurozona possa trascinare anche la nostra economia. In più, la vita media residua del debito è scesa da 7,6 a 6,4 anni, perché il Tesoro ha dovuto spostarsi sulle scadenze brevi, visto che la BCE ha acquistato titoli con scadenza residua fino a tre anni. A fronte di questa grave crisi, l’euro si è apprezzato dell’8% da giugno contro il dollaro USA, un fatto che non può che aggravare lo stato di un’economia alle prese con un tasso di disoccupazione record da 36 anni a questa parte.