Sembra che le uniche certezze della nostra era siano il crollo delle grandi ideologie.
Sembra che le uniche certezze della nostra siano il crollo delle grandi ideologie, il pensiero unico, la fusione delle appartenenze politiche e il “programmatismo”. Si tratta, di fatto, di certezze sbagliate e ingannevoli ; in realtà sono appartenenze effimere, mai come in questo periodo c’è stato bisogno, al contrario, di porre una distinzione netta tra un fare e pensare “ a destra” e uno “a sinistra”, di una netta contrapposizione fra un pensiero e una visione di “destra” e una di “sinistra”.
Ed allora ecco che arriva lei, la nostalgia. La nostalgia di quei grandi uomini della Prima Repubblica, che hanno fatto la storia dell’Italia nel dopoguerra. Da Almirante a Berlinguer, fino ad arrivare ad Aldo Moro. Tre figure importanti della storia politica italiana. Tre percorsi, uno diverso dall’altro.
Giorgio Almirante, reduce dalla RSI, che nel 1946 fonda il Msi, senza alcuna paura, sapendo che sarebbe andato incontro alla ghettizzazione del partito. Ma non lo fermò nemmeno questo; sono 42 gli anni di militanza di Almirante nel Movimento Sociale Italiano, fino al giorno della sua morte, il 22 maggio del 1988, data in cui l’intero popolo della destra (e non solo) si strinse intorno alla figura dello storico segretario del partito post fascista. Una storia difficile quella di Almirante: non era ben visto, era etichettato come ‘fascista’, anche se riuscì a portare il Msi ad accettare le istituzioni repubblicane, tanto che in un’intervista dichiarò che voleva lasciare il partito in mano ad una persona che fosse nata dopo la guerra, che non era fascista e che non era nostalgica.
Dall’altra parte c’era Enrico Berlinguer, storico leader del Pci. Ha infiammato i cuori di migliaia di militanti comunisti. Anche lui, come Almirante, ebbe idee estremiste: fu un grande sostenitore di Stalin e della dittatura sovietica, tanto che alla morte del politico russo fece un discorso pieno di elogi. Fu a favore dell’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe russe, durante la rivolta di Budapest del 1956. Con il passare del tempo cambiò le sue posizioni, infatti si scagliò contro Mosca quando ci fu l’invasione della Cecoslovacchia e ciò portò Berlinguer ad entrare nei nemici del PCUS. Morì nel 1984, a causa di un ictus, avuto durante un discorso. Nonostante il malore continuò a parlare fino allo stremo, tanto che gli stessi militanti chiesero al segretario di smettere. Durante i funerali il presidente Pertini si chinò sulla bara e vi fu la presenza anche di Almirante, storico nemico di Berlinguer.
In mezzo a Msi e Pci, c’era la Dc, che ha rappresentato l’Italia per cinquant’anni. Uno dei più alti rappresentanti, dal punto di vista morale, è stato Aldo Moro. Era considerato un ottimo mediatore tra le varie correnti della Democrazia Cristiana. Negli anni sessanta era un sostenitore di un governo formato da democristiani e socialisti, ne fu talmente convinto che durante il congresso di Napoli del 1962, riuscì a far convergere tutto il gruppo dirigente del partito sulla sua posizione. Ci riuscì anche nel 1978, quando convinse la Balena bianca, che si doveva aprire ad un governo di solidarietà nazionale con il Pci. Questa sua iniziativa, però, li costò la vita. Nel marzo del 1978 fu rapito dalle Brigate Rosse e nel maggio dello stesso anno fu ritrovato il suo corpo senza vita.
La Distinzione però deve avvenire nel partitismo e non nell’azione dei cittadini mossi dal senso civico, dall’amor di patria e alla condivisione dei buoni e sani principi di equità, onestà, e democraticità proveniente e da destra e da sinistra. Tutti hanno convenuto che un ciclo s’è definitivamente chiuso e che occorre ripartire dal basso per ricostruire un progetto politico alternativo all’attuale panorama delle larghe intese e per il futuro. Il popolo di destra si trova a dover affrontare le sfide di un futuro sempre più incerto e minaccioso senza un partito di riferimento e con dirigenti condannati, usurati e privi di carisma. Mentre una nuova alleanza nazionale e sociale che riunisse i vari spezzoni della base di destra potrebbe contare su principi, idee e tradizioni ancora intatti, validi e spendibili per un progetto politico alternativo, senza bisogno di un leader ma solo riscoprendo e ridando voce al proprio patrimonio culturale, iniziando proprio con il movimento, visto che la sua natura non impone alcuna radice idealistica. Altrimenti continuando su questa via, la nostra ignavia ci condannerà sempre più agli occhi dei cittadini, mentre dobbiamo riprendere la nostra identità nelle nostre mani. E occorre farlo al più presto, con quelli che ci stanno. Solo col tempo le eccellenze emergeranno e si affermeranno naturalmente, ma ora non abbiamo né il tempo né il potere di sceglierci o inventarci uomini migliori di quelli che ci sono. Anche perché sarebbe sufficiente che tutti si attenessero con dirittura e coerenza alle idee che abbiamo urlato e professato per decenni, quando eravamo nel ghetto della politica, senza particolari slanci di protagonismo, per restituire agli occhi di una platea confusa e disperata. Non siamo né di destra né di sinistra e siamo al di sopra di tutti per onestà e sani principi.
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