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http://moustafa-alsallahd.blogspot.com/2013/12/lettera-caterina-simonsen.html
Egregia signora Caterina Simonsen,
principio questa lettera, che
suppongo rimarrà senza risposta alcuna, rivolgendomi alla destinazione usando
il nome e cognome ed evitando in ogni modo l'uso di pronomi personali, con il
preciso fine di dimostrare tutto il risentimento e il disprezzo che nutro in
questo momento. Ho atteso a lungo, prima di comporre una risposta, per la
semplice motivazione che so bene per quanta parte la tifoseria da stadio,
chiamiamola così, sia capace di scaldarsi l'animo dinanzi al minimo stormir di
foglie, e perciò trasformare una formica in un dinosauro. Ho atteso, ho letto e
ho pensato; e ho dedotto. Di cotanto lavoro mentale, questo è il risultato.
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Premetto che io per primo ho attinto
alla ricerca scientifica: da piccolo ho sofferto d'asma, che solo in età adolescenziale
mi ha abbandonato; potrei aggiungere l'artrosi, la calcolosi renale,
l'astigmatismo... ma ciò che conta, ripeto, è che anch'io ho ricevuto e ricevo
dalla ricerca scientifica il beneficio della cura per i miei disturbi di
origine genetica. Ecco perché, dinanzi a una persona che assai più di me dalla
ricerca scientifica dipende, il primo atteggiamento è stato di difesa: è ben
comprensibile che chiunque cammini sul ciglio che separa la vita dalla morte
preferisca allontanare da sé il calice di dolore. Successivamente mi sono messo
alla ricerca delle fonti dirette, per capire che cosa fosse successo davvero.
Ho già espressa la mia condanna nei
confronti della marea d'improperî intollerabili scagliati dalla ressa urlante:
quand'anche una persona avesse un'opinione negativa, al massimo è possibile
criticare anche duramente, ma l'insulto no, mai. Finanche i Latini dicevano
/absit iniuria verbis/, sia lontana l'ingiuria dalle parole; peggio che mai gli
augurî di morte. Per quel che vale la mia esperienza, so quanto il cittadino
del Bel Paese ragiona ben che vada sotto la cinta, altrimenti con i piedi: i
cosiddetti "social network" hanno solo reso più possibile di prima di
dare sfoggio di tutta la propria maleducazione cafona e borgatara, senza rischiare
il cazzotto di rimando. Per quanto scritto, mi dissocio da insulti,
imprecazioni, parolacce, minacce e quant'altro.
Aggiungo che so bene che la ricerca
scientifica abbia usati e usi tuttora gli animali: un esempio per tutti, Luis
Pasteur studiò il temibile virus della rabbia sui cani, e il vaccino
antirabbico è ancora ottenuto dalla materia cerebrale di coniglio, di pecora o
di pollo: sfido chiunque, morso da un cane rabbioso, a rinunciare al vaccino
perché prodotto tramite la vivisezione. «La sperimentazione su animali di
affezione ed altri, laddove non sia possibile escluderla, deve essere
sottoposta al più severo controllo tramite metodologie che evitino ogni forma
di sofferenza»: queste parole sono di una grande donna, Rita Levi Montalcini,
sicuramente immune da qualsiasi sospetto maligno; tra l'altro, rappresentano
anche la mia personale opinione in materia. Quanto a che cosa sia escludibile,
lascio agli esperti giudicare e assumersi la responsabilità; e qui concludo
l'argomento.
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Ho faticato poco a capire quali
fossero i termini della diatriba, dacché mi è bastato dare un'occhiata alla
fotografia che ritrae per l'appunto un volto di donna con un respiratore, la
quale mostra un foglio con su scritto il proprio pensiero in tema. Mi ha
colpito fin da subito la frase: «grazie alla _vera ricerca_». Orbene, che cosa
vuol dire "vera ricerca"? Esiste sicuramente la ricerca, di cui noi
tutti fruiamo, io per primo: per contro, esiste forse una /falsa/ ricerca? e
quale sarebbe? La risposta è scritta poco più oltre: la vera ricerca «include
la _sperimentazione animale_». Quindi, moltiplicando per -1 (meno uno) ambedue
i termini dell'identità, si ottiene che la "falsa ricerca"
escluderebbe la sperimentazione animale.
Se questo testo fosse stato redatto
da una ragazzina di nove anni, ebbene avrei concluso che la mancanza di
conoscenza, d'esperienza, di maturità... l'avesse condotta a scrivere cose
assurde. Invece qui siamo di fronte a una donna di venticinque anni, per giunta
studente presso la Facoltà di Veterinaria, per giunta nel più antico Ateneo del
mondo, per giunta in una delle più civili città d'Italia e del mondo, Bologna:
la conoscenza, l'esperienza, la maturità ci sono sicuramente tutte. Chi ha
trascritto quel pezzo di carta era pienamente cosciente, ha agito
intenzionalmente, calcolando molto bene le conseguenze.
Il testo è stato formulato fin dal
primo momento all'ombra della provocazione verbale, con l'intenzione di
scatenare un vespaio: più in basso, leggo un cosiddetto hashtag, un'etichetta -
o, in termine tecnico, un metadato - il quale recita: «#oradenunciateancheme».
Anche qui: dalle mie parti, di chi si preparasse con largo anticipo all'evento
catastrofico del tutto imprevedibile e inaspettato si direbbe che "si
fascia la testa prima di rompersela". Per quale motivo una persona si
dovrebbe sentire in così grave necessità di sfidare, e quindi irritare, i
proprî interlocutori affinché la denunciassero, ben prima che leggessero?
Sarebbe stato logico se, dinanzi all'aggressione, costei avesse perseverato:
denunciatemi pure, io resto della mia opinione. Invece no: so che cosa farete,
sono pronta fin d'ora. Ebbene, quale sarebbe il precedente? chi è stato già
denunciato, da far ergere la difenditrice a spada tratta? La risposta è poco
più oltre: «#siaTelethon».
Insomma, l'autrice sapeva
perfettamente che cosa sarebbe successo: non è una vittima, una sprovveduta,
un'anima candida. L'operazione è fedelmente schierata dalla parte della famosa
agenzia presieduta da Luca Cordero di Montezemolo; il quale, è giusto
ricordare, dall'anno passato ha deciso di acquistare pettorine e oggettistica
varia in Cina, fregandosene di tutte le certificazioni sul prodotto e le regole
sul lavoro e sull'ambiente che invece fino a ieri esigeva dai fornitori
italiani. Viene da immaginare che le polemiche di quindici mesi or sono abbiano
indotto il Consiglio d'Amministrazione a cercare un testimone pubbliciario più
convincente: chi altro, meglio di una propria assistita gravemente malata;
altrimenti, per quale altro motivo scatenare una polemica in Rete di cui
nessuno sentiva la mancanza. Ma queste sono mie fantasie, del tutto prive di
prova alcuna.
Al contrario, il resto del gioco è
palese; spiace che, nonostante ciò, alcuni siano accorsi in difesa della povera
bambina malata con la stessa leggerezza con cui gli altri il giorno prima
l'hanno insultata. Basterebbe seguire con attenzione le parole scritte, per
capire la destinazione del progetto: «Più che difese io preferisco le persone
razionali che discutono, che si informano e si confrontano contro chi ha pareri
opposti razionalmente»; «Volevo sottolineare che io in primis mi auguro al più
presto che ci siano modelli che sostituiscono in toto la SA, che però OGGI sono
solo prototipi.... E sicuramente 25 anni fa non esistevano neanche...»: belle
parole, peccato che giungano con quel tanto di ritardo funzionale alla causa,
nel senso che sarebbe stato meglio comporre fin dall'inizio un testo articolato
e completo, il quale avrebbe impedito l'incendio. Invece no, meglio partire
attaccando subito i lettori: ora denunciate anche me. Alla faccia della
razionalità.
Ancor più belle sono le parole
successive: «Senza voler creare ulteriore polemica, vi invito tutti alla
ragione e a non prendere posizione, che possa essere pro così come contro la
sperimentazione animale»; stonano solo se pronunciate da chi ha presa posizione
per prima. «Riflettere prima di scrivere, verificare l'attendibilità delle
fonti ecc...». La prima fonte priva di attendibilità è proprio chi scrive che:
«la vivisezione, termine che piace tanto, è illegale». La Legislazione Italiana
ed Europea parlano sempre e solo di sperimentazione animale, dimenticando sia
di definire che cosa sia vivisezione sia di vietarla; ma poiché la
sperimentazione animale ha bisogno di dissezionare l'animale vivo, vedi sopra
il vaccino antirabbico, anche semanticamente i due termini sono sovrapponibili.
Giova ricordare che gli unici
divieti a livello europeo riguardano sia le prove tossicologiche di prodotti
cosmetici sia i cosmetici prodotti con prove su animali: troppo poco per
parlare di "divieto di vivisezione". In Italia la sperimentazione
animale ha una regolazione nel Decreto Legislativo 27 gennaio 1992, n. 116 e
nella Legge 6 agosto 2013, n. 96, e perfino la relativa obiezione di coscienza
ha una propria ratificazione nella Legge 12 ottobre 1993, n. 413. Per allargare
il tema, con la Legge 20 luglio 2004 n. 189 l'Italia, per una volta prima in
Europa, ha vietate le pellicce di cane e di gatto, oltre che i combattimenti e
le corse clandestine; per contro però, non esiste in Europa nessun obbligo di
etichettatura per i ritagli di pelliccia, e così si torna daccapo. Da dove
proviene la massima parte delle pellicce di cane e di gatto...? Indovinato,
dalla Cina delle pettorine di Montezemolo. Tutto torna.
/Dulcis in fundo/, a sostenere la
pulzella indifesa è sceso in campo con forza anche il segretario del PD Matteo
Renzi, che ha rilanciato su Twitter l’hashtag #iostoconCaterina: volendo
dimenticare il suo «dell'articolo 18 non me ne pò frega' de meno», in perfetta
linea con il già citato Presidente della maratona televisiva, mi fa riflettere
il fatto che fino a ieri «gl'inceneritori non causano tumori, chi lo dice fa
terrorismo» - e nella fattispecie a dirlo era la dottoressa Patrizia Gentilini,
oncologa ed ematologa che ha lavorato per oltre trent'anni nel reparto di
Oncologia di Forlì - e oggi, invece, novello paladino di Santa Sanità, il nuovo
segretario del vecchio Partito sempre più in calo di consensi si lancia in
difesa di una povera ragazza malata. Mi torna in mente il caso
Cancellieri-Ligresti: chissà, magari un giorno troveremo una donna laureata in
Veterinaria al Ministero della Sanità: sarà sempre meglio dell'attuale
diplomata - o forse no.
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Infine, per sapere che cosa sia la
vivisezione (a mio avviso solo in rari casi necessaria e quindi accettabile)
suggerisco una bella lettura di Curzio Malaparte, uomo sicuramente immune dalla
diatriba attuale, visto che morì nel 1957:
http://www.promiseland.it/2008/02/19/cose-la-vivisezione/ . Servirà a tutti per
ricordare che in questo mondo il male e il bene, anche o anzi specie nel mondo
della farmacologia, viaggiano molto vicini l'uno all'altro; e che il monito di
Rita Levi Montalcini testé riportato è quanto mai attuale. Ecco perché nessuno,
favorevole o contrario alla vivisezione che sia, si può prendere il diritto
d'impugnare una bandiera, e con essa saltare sugli spalti e pontificare la
verità assoluta contro "quelli là": certe cose sono troppo delicate
per affidarle al vento, o ai byte, o a qualsiasi altra entità aleatoria. Che
cosa sia escludibile lo può dire l'anatomo-patologo, il biologo, il
farmacologo.