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venerdì 3 gennaio 2014

I Propositi del Presidente

Lasciata indietro una giornata ricca di delusione e di povertà sociale, ricomincio il solito tram tram leggendo e informandomi. Riprendo dalla fumosa proposta di Renzi, molto confusa soprattutto quando si parla di bicameralismo ma ghiotta per chi ha la necessità di rimanere attaccato al respiratore dell'operazione mediatica Renzi. Sul Fatto, infatto, appare un articolo in cui il cavaliere si amputa le gambe fino al ginocchio per prendere a braccetto il fido Brunetta e elargire malinconia sull'assenza di volti nuovi nella sua rosa di nomi. I Propositi del Presidente appaiono, ancora una volta, pieni dell'umanità e della compassionevole volontà tipici dell'imprenditore e si dice favorevole alle proposte del suo allievo secchione. La parte divertente, però, deve ancora arrivare e si inizia a ridere quando viene proposta, dal capo della banda bassotti, un "Election Day" per fare in modo che l'affluenza sia alta.
Riparte l'aeroplanino alla ricerca di nuove larghe intese, una domanda: ma voi non siete quelli che nel mio profilo FB cercavate di arruolare attivisti scontenti e asserivate che le larghe intese non servono a nulla? Dove è andata a finire quell'aria complottista in cui si diceva che la sinistra vuole far restare la ricchezza nelle mani dei soliti noti?
Ora, però, che i consensi continuano a scendere rovinosamente. Ora che, grazie all'assenza di volti nuovi e puliti, si deve nominare coordinatore per la Regione Lazio, Claudio Fazzone, nome noto per l'indagine attualmente in corso per abuso d'ufficio e per aver invaso l'ASL di Latina di lettere di raccomandazione, il berlusca ritorna a piangere e a buttare l'amo come il peggiore degli scafisti.

Sta a voi decidere se continuare a rimanere sullo scafo trascinato da questi tipi o scendere e iniziare a camminare sulla terra ferma!

giovedì 2 gennaio 2014

Gli auguri del Presidente

Napolitano


Carissimo Napolitano,
non ho guardato il Suo discorso per scelta; al di là quello che viene detto da qualche giornaletto nazionale in Sua difesa circa Sue dichiarazioni sulla necessità di riforme e di un cambiamento politico, io scelgo di non ascoltrLa perché non mi piace l'ipocrisia. Come può asserire un discorso come il Suo se tre giorni prima ha firmato due DL che vanno in direzione opposta? Come può non indire l'illegittimità del Governo Letta se la maggioranza degli italiani ha detto che non vuole i presenti nelle sedi governative? Come può e, con quel coscienza, si guarda allo specchio prima e dopo aver recitato l'ennesima particina di uno spettacolo che fa acqua da tutte le parti?
Il sipario sulle ombre della mala gestione non è più calato, ora tutti sappiamo con quale naturalezza dichiarate legale quello che è illegale. Come può rappresentare la legalità se ha permesso una poltrona da Senatore ad un condannato in terzo grado? Credo proprio che stia peccando di arroganza e sia anche un po' saccente se alla sua verena età crede ancora di poter capire le aspettative e i bisogni delle vite degli italiani! Italiani: un popolo formato da persone che, subito dopo la Sua elezione, sono arrivati in massa ma PACIFICAMENTE sotto Montecitorio perché non La volevano più come Presidente, volevano un'altra persona! Come si può non provare un senso di vergogna e di inadeguatezza? Come può non sentirsi fuori posto e inopportuno?
Dire che il nostro Presidente non è il nostro Presidente è vilipendio ma come può considerarsi un reato un'opinione di contrarietà che riguarda la maggior parte degli italiani? Ho votato e mi sono attivata perché Lei e molti altri non rimaniate lì, per fare in modo che non mi rappresentaste più eppure ci siete ancora; non avete ascoltato il volere del popolo! In questo giorno di inizio anno mi interrogo e mi chiedo come si possa avere l'ardire di andare avanti in questa situazione e con questo modus operandi; me lo chiedo e lo chiedo a Lei che rimane ancorato tra le mura di una casa pagata da noi, rinchiuso nei suoi voli di linea pagati da noi, stretto stretto solo tra chi è in grado di darLe una pacca sulle spalle e stringerLe la mano davanti i flash come i migliori giuda della storia. Io sono solo una donna italiana, una mamma che vuole delle risposte pratiche e VOGLIO che si inizia a chiedere anche la mia opinione sull'acqua, sulla gestione dei rifiuti, sull'euro, sulla permanenza in Europa, sui finanziamenti alle scuole pubbliche perché il diritto allo studio non deve o non dovrebbe conoscere possibilità e impossibilità economiche; voglio che si chieda il mio parere sull'acquisto di nuove auto blu, grigie e blu blu: voglio che si chieda il mio consenso sullo stipendio degli "eletti" e la mia opinione sulla loro diminuzione. Come può Lei accettare che ci si arroghi da più parti il diritto di sapere quello che io voglio e quello che io non voglio? Come può Lei permettere a Letta il continuum storico di prese in giro palesi ai cittadini italiani? Non ho ascoltato il Suo discorso e non lo ascolterò, inizierò ad ascoltare Lei quando Lei inizierà ad ascoltare me e molti altri come me!

Vi svelo le bufale sull’inflazione nel caso di uscita dall’euro

Vi svelo le bufale sull’inflazione nel caso di uscita dall’euro

02 - 01 - 2014Antonio Maria Rinaldi

Fonte : http://www.formiche.net/2014/01/02/euro-lira-italia-inflazione-fiscal-compact/
Vi svelo le bufale sull'inflazione nel caso di uscita dall'euro
Gli ultimi indefessi che ancora sostengono di volersi immolare per Maastricht, non riescono a contrastare con argomentazioni scientifiche chi invece sta seriamente conducendo la “battaglia” nei confronti dell’insostenibilità della moneta unica. La loro tecnica risiede solamente nel terrorizzare letteralmente la popolazione, prospettando le disgrazie più apocalittiche nel caso di ritorno alla nostra valuta nazionale, non accorgendosi che i più grandi disastri stanno avvenendo proprio per l’appartenenza all’Eurozona.
SVALUTAZIONE E INFLAZIONE
I loro cavalli di battaglia, ma sarebbe più opportuno chiamarli “asini”, sono la svalutazione e l’inflazione, spesso identificandone nella stessa percentuale nel caso di abbandono dell’euro. Ebbene, anche chi non può accreditarsi di una semplice laurea in Economia, è a perfetta conoscenza che una cosa è la svalutazione e un’altra è l’inflazione. Alla semplice domanda poi di quanto credano che la potenziale ritrovata lira si deprezzerebbe nei confronti dell’euro, all’unisono rispondono non meno del 30%, riconoscendo inconsapevolmente che il nostro Paese attualmente ha adottato una moneta sopravvalutata per l’appunto del 30% rispetto ai propri fondamentali e pertanto destinata a patire senza appelli!
QUELLO CHE NON QUADRA
Anzi, non comprendono che la tanto vituperata, vergognosa e umiliante “svalutazione competitiva”, consentiamo di farla fare ora, sfacciatamente, proprio alla virtuosissimaGermania, che per i motivi opposti ha nell’euro una valuta sottovalutata rispetto a quello che sarebbe il marco, di un buon 30%. Ma la mistificazione più evidente dei “o euro o morte”, che hanno trovato il loro apice di gloria (fortunatamente breve) con la scesa in campo del prof. Mario Monti, è nel presagire scenari d’inflazione da Repubblica di Weimar, quando gli allora Reichsmark non si contavano, ma per far prima, si pesavano!
Redarguiscono in continuazione i cittadini che in ogni caso comunque stanno intuendo ogni giorno sempre di più che qualcosa non quadra in questa Unione monetaria e che è meglio per loro stare buoni e tenersi l’euro stretto stretto, altrimenti il litro di latte lo pagheranno barattandolo con i gioielli di famiglia e il canonico litro di benzina più di 50mila delle nuove lire, pari, sempre secondo loro, a più di duro giorno di lavoro.
CONSUMI IN CALO
Dimenticano, o non vogliono capire, visto che per loro la matematica è invece solo una opinione, che nel caso estremo di una svalutazione nuova lira/dollaro pari al 20% (le materie prime le paghiamo in valuta statunitense), il costo alla pompa dei carburanti non dovrebbe aumentare più del 5% (a prelievo fiscale inalterato), incidendo il prezzo del “barile” per il 25% sul costo finale. Ricordo, per i distratti, che grazie alle acute politiche di austerity adottate dal senatore Monti, l’innalzamento del gettito fiscale combinato accise/IVA (siamo l’unico Paese al mondo dove si riescono a pagare anche le tasse sulle tasse!) hanno prodotto un incremento ben superiore al 5%, comprimendo inoltre i consumi tanto da annullare i vantaggi dei provvedimenti stessi in termini di entrate erariali.
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Fonte: goofynomics.blogspot.com
Come è facilmente possibile verificare dal grafico, anche durante l’uscita rocambolesca della lira dalla banda di oscillazione dello SME, avvenuta nel 1992, che portò ad una svalutazione media del 20%, il tasso d’inflazione non superò mai il 5%. Questo è sufficiente per dimostrare che la determinazione della svalutazione di una moneta è essenzialmente causata dal saldo della bilancia dei pagamenti, cioè dalla somma delle partite correnti e del conto dei movimenti di capitale, mentre l’inflazione è determinata dalla relazione fra la base monetaria esistente e l’offerta di beni e servizi.
IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI
Negli USA e Giappone abbiamo esempi pratici evidenti, in cui le Banche Centrali (vere e non come la pseudo europea), iniettano mensilmente enormi dosi di liquidità nel sistema, non producendo significativi aumenti del saggio d’inflazione ma anzi stimolando proficuamente l’economia.
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Fonte: elaborazione propria su dati Istat
Dalla visione di questo secondo grafico si evince, secondo la nota Curva di Phillips, la relazione inversa tra il tasso d’inflazione e il tasso di disoccupazione riscontrata nel nostro Paese dal 1960. Pertanto è più che legittimo affermare di che cosa ce ne facciamo di un’inflazione tendenziale allo 0,7% se per poterla conseguire ci ritroviamo con il massimo storico delladisoccupazione al 12,4%? Misteri noti solamente agli adepti alla setta che partecipa, senza aprire bocca, ai riti celebrati dall’ortodossia tedesca!
TECNICISMI AUTOMATICI
Ma a questi aspetti prettamente tecnici, i sempre ottusi difensori della stabilità dei prezzicome unica conditio necessaria e sufficiente per la crescita e la massima occupazione, non riescono ad associare un aspetto che invece è ancora più fondamentale. Per cercare di mantenere in vita la frettolosa scelta politica di dotare il Continente europeo di una stessa moneta, gli eurocrati hanno affidato esclusivamente a dei tecnicismi automatici gli oneri per la sua sopravvivenza. Questo è avvenuto essenzialmente per volontà della Commissione Europea, gestita da persone non elette dal suffragio universale, la quale ha preferito sempre più trasferire nei regolamenti di funzionamento e negli organismi tecnici creati ad hoc, il potere di governo dell’euro.
LA POLITICA NELL’ANGOLO
In questo modo la politica è stata completamente esautorata, essendosi spezzato il collegamento fra cittadini e Istituzioni, violando il primo elementare principio della democrazia. Non c’è più lo spazio all’intermediazione politica, unica forza in grado di correggere le immancabili distorsioni in un complesso processo di integrazione dove economie profondamente diverse sono state costrette a confrontarsi con una stessa moneta.
L’ANOMALIA DEL FISCAL COMPACT
Come non accorgersene, ad esempio nel Fiscal Compact, dove si impone di ridurre sistematicamente per vent’anni l’eccedenza del surplus dello stock di debito pubblico rispetto al dettame di Maastricht, come se le economie e le rispettive dinamiche fossero omogenee e gestite da macchinari per gli stampini dei tondini di ferro? Oppure obbligare, con l’incostituzionalepareggio di bilancio, tutti i soci del “club dell’euro” a reperire i fabbisogni finanziari esclusivamente facendo ricorso alla fiscalità e ai tagli di spesa, non tenendo conto che Paesi come l’Italia viaggiano da anni a botte di avanzi primari da uccidere un elefante per sopperire ai costi per il sostegno del debito, quest’ultimo oltremodo dilatato, grazie all’improvvido provvedimento del divorzio voluto da Andreatta-Ciampi nel 1981 che ne raddoppiò l’entità in quattordici anni.
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Fonte: elaborazione propria su dati Banca d’Italia
Il punto è proprio questo: la pretesa di riprenderci le chiavi di casa, non significa esclusivamente la possibilità di riappropriarci della politica economica e monetaria tarate secondo le nostre peculiari esigenze e compatibili secondo il nostro modello economico, ma soprattutto di ritornare a quei principi di democrazia che mettano il cittadino al centro dei processi decisionali e non invece come suddito passivo di un nuovo ordine che lascia ai mercati il gradimento o meno delle scelte economiche. In poche parole il ritorno alla piena Sovranitàsignifica di dotarsi di una moneta al servizio dell’economia reale e non di piegare la realtà dell’economia alle regole di una moneta!
IL FALLIMENTO DELLA TROIKA
La classe politica dirigente italiana si ostina testardamente a non voler capire che il percorso intrapreso dalla Troika, per tentare di salvare l’euro in sala di rianimazione, è fallito. Pur di riuscire maldestramente nell’intento hanno calpestato e violato il più prezioso bene che ci è stato trasmesso: la democrazia. Sta a noi liberi cittadini prenderne coscienza è reclamare il ritorno alla nostra autodeterminazione affinché il nostro Paese possa uscire dal baratro economico e morale in cui è precipitato per effetto dei doppi vincoli. Il vincolo esterno dei Trattati e il vincolo interno, rappresentato da una classe politica scellerata e supina ai dettami economici europei che non consentiranno mai i reali interessi dell’Italia.
CONCLUSIONE
Non abbiamo paura perché l’Europa e l’euro sono anch’esse due cose diverse e qualsiasi temporaneo disagio determinato dalla ripresa delle chiavi di casa saranno ampiamente ricompensate dal ripristino dell’effettiva democrazia che non può assicurarci nessun surrogato di Sovranità!

La Bufala delle Province: via i Politici, ma i costi restano la Corte dei Conti l'abolizione non servirà.

La Bufala delle Province: via i Politici, ma i costi restano la Corte dei Conti l'abolizione non servirà.




La Bufala dell'abolizione delle Province



Nel 2013 i commissariamenti sono stati 11, nel 2014 saranno 54. Gli enti continuano a "decadere": al posto di giunte e consigli eletti vengono nominati funzionari di governo (retribuiti). La strada in Parlamento del ddl Delrio pare complicata, mentre la Corte dei Conti è scettica sulle riduzioni di spesa ad abolizione avvenuta. Resta il pericolo che aumentino costi e caos amministrativo. E poi il rischio che avvenga come in Sicilia, dove potrebbero risorgere
Il primo tweet, con cui il ministro Graziano Delrio festeggiava l’approvazione del suo disegno di legge alla Camera, era leggermente enfatico. “Per la prima volta – annunciava il ministro degli Affari Regionali il 22 dicembre – non si va ad elezione per le Province e per ora rimarranno enti leggeri con poche funzioni e molto utili ai Comuni”. L’abolizione delle Province però è tutt’altro che un fatto compiuto. Intanto perché il testo di Delrio deve ancora passare al Senato, dove oltre all’opposizione, anche Pierferdinando Casini lo ha bollato come un gran pasticcio: “Se non cambia, non lo voterò” ha anticipato il leader dell’Udc.
Le perplessità sul disegno di legge di Delrio, infatti, si sprecano. Il primo e immediato effetto della riforma è il semplice commissariamento delle Province: via presidenti, giunte e consigli, dentro un funzionario di fiducia del Governo. “Questa riforma getterà nel caos il Paese: vietando ai cittadini di votare chi li amministrerà lede il diritto di voto libero, segreto, e non limitabile, sancito dall’articolo 48 della Costituzione” attacca Antonio Saitta, che da presidente dell’Unione province italiane è logicamente il primo oppositore del taglio degli enti intermedi.
Il caso Sicilia: dove possono rinascere le ProvinceNel 2012 le Province commissariate sono state 11, compresa quella di Roma, orfana del dimissionario Nicola Zingaretti e affidata ad Umberto Postiglione che per alcuni mesi ha mantenuto contemporaneamente l’incarico di prefetto di Palermo. Nell’anno appena trascorso invece i consigli provinciali non rieletti sono stati 9, più il caso delle altre 9 province commissariate in Sicilia dal governatore Rosario Crocetta. E proprio la Sicilia, che doveva essere il simbolo di eliminazione degli enti inutili, rischia di diventare l’esempio (cattivo) che potrebbe essere replicato dal governo Letta su scala nazionale. Nel marzo scorso Crocetta aveva annunciato il commissariamento degli enti intermedi, per poi abolirli definitivamente alla fine del 2013: il tempo è scaduto, ma non esiste ancora una legge che disciplini l’abolizione delle Province. “Quello di Crocetta è un colpo di mano antidemocratico” ha attaccato il leader della Destra Nello Musumeci, che è riuscito a far bocciare all’Ars – con voto segreto – la proposta di Crocetta di prorogare per altri sei mesi i commissari: adesso il governo ha 45 giorni per istituire i liberi consorzi, in alternativa si andrà nuovamente alle elezioni provinciali.
Altre 54 Province verso il commissariamento. Risparmi? Pochi
Un corto circuito che potrebbe estendersi anche a livello nazionale, dove il rischio è che la gestione dei commissari diventi la regola piuttosto che l’eccezione. Con l’approvazione del ddl del ministro Delrio nel 2014 altre 54 province verranno affidate a commissari nominati dal governo (spesso prefetti o generali), e retribuiti con un cifra che oscilla tra i 4mila e gli 8mila euro lordi al mese. Una situazione, quella del commissariamento, che non garantisce rappresentatività e che andrà avanti finché non saranno create le città metropolitane e i consorzi dei Comuni. Poi, secondo Delrio, il suo ddl entrerà in funzione facendo risparmiare più di 2 miliardi di euro all’anno alle casse dello Stato. Conti sbagliati secondo la Corte dei Conti, che nell’audizione dello scorso 6 novembre regala un’analisi meno ottimista di quella di Delrio: secondo i magistrati contabili, il disegno di legge approvato dalla Camera taglierà al momento solo i costi degli organi politici, cioè 105 milioni per 1.774 amministratori provinciali, che però nel 2012 si erano già ridotti la paga di 34 milioni.
Le spese fisse: personale e i “costi funzionali”
Impossibile eliminare i 2 miliardi e 300 milioni di euro degli stipendi percepiti dagli oltre 55mila dipendenti provinciali ogni anno. Impossibile eliminare anche altri 2 miliardi e mezzo di “costi funzionali”. Secondo il parere della magistratura contabile, poi è tutto da dimostrare che il passaggio dalle Province alle città metropolitane sia a costo zero. “Dal punto di vista finanziario – spiega la Corte dei Conti – il disegno di legge si basa sull’assunto della invarianza degli oneri in quanto si tratterebbe di un passaggio di risorse e funzioni dalla Provincia ad agli altri enti territoriali. Una costruzione, questa, il cui presupposto appare però tutto da dimostrare nella sua piena sostenibilità. Infatti, non appaiono convincenti anzitutto la contemporaneità tra la progressiva soppressione della Provincia (risparmi) e la istituzione della Città metropolitana (oneri) e in secondo luogo il relativo parallelismo quantitativo”.
I servizi trasferiti ai Comuni possono costare di più.
Un esempio?  Le scuole
Un esempio efficace è la gestione delle scuole: dopo la riforma Delrio 5.179 edifici scolastici oggi gestiti dalle Province passerebbero nella competenza di 1.327 comuni. E i costi di funzionamento per uno stesso bene non sono uguali: “In media nazionale i singoli Comuni spendono per il riscaldamento delle scuole da un minimo del 30% in più ad un massimo del 100% in più delle Province dal momento che le Province, grazie ad un unico contratto di servizio, spuntano prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli dei singoli Comuni, con appalti sui singoli edifici” si legge in un dossier elaborato dall’Upi. Se quindi oggi la provincia di Milano spende 4,30 euro per ogni metro cubo che riscalda in un edificio scolastico, il Comune spenderà 6 euro per riscaldare lo stesso metro cubo dello stesso edificio che gli sarà assegnato dopo la riforma. Come dire che l’eliminazione delle Province porterà ad un aumento nelle uscite nei bilanci dei comuni: si va per tagliare una spesa e ne spunta subito un’altra.
Altro punto focale è il futuro dei vari organismi partecipati dalle Province per la gestione dei servizi pubblici. Tra Ato, Bim, comunità montane e consorzi si tratta di più di 5mila enti che costano 7 milioni e mezzo di euro: dopo l’abolizione delle Province continueranno ad esistere, a consumare fondi pubblici, ma a funzionare in maniera più caotica. È proprio il momento di passaggio dal commissariamento all’eliminazione della Provincia a solleticare i maggiori dubbi. “È evidente – scrivono sempre i magistrati contabili – che laddove la predicata transitorietà dovesse dilatarsi eccessivamente o addirittura radicarsi in attesa di nuove iniziative si perpetuerebbe una situazione di confusione ordina-mentale certamente produttiva di inefficienze”. Più a lungo le Province saranno gestite dai commissari, più caotica sarà l’amministrazione. La gestione di strade, lavori pubblici, scuole appese al sottilissimo filo della riforma: e nel frattempo una cinquantina di commissari fedeli al governo sono già pronti per andare ad amministrare altrettante Province.
Fino a quando, non è dato sapere.

martedì 31 dicembre 2013

"In Italia una rivoluzione. Lo dicono pure le stelle"



"In Italia una rivoluzione. Lo dicono pure le stelle"


L'astrologa Magliano vede un 2014 di tumulti: "Colpa di Plutone in Capricorno. L'ultima volta causò la presa della Bastiglia".
Vorrei fare degli auguri non banali. Speciali. In questo nuovo anno uscirà io nostro giornale e si chiamerà (la testata è stata registrata e ci appartiene, dunque non ce la possono rubare) IL DISSIDENTE.
Non soltanto io dissidente da Berlusconi (dirò fra poco) ma io amo i dissidenti, coloro che sanno dissentire da ciò che pensavano fosse il loro ambiente. L’evoluzione delle idee, la qualità del pensiero, è fatta di strappi, di separazioni, rinunce, novità. Accade anche in amore, benché in amore un amore eterno sia la cosa più bella, purché sia amore.
Io auguro all’intera Italia di essere dissidente. Occorre mettere in crisi le idee, i luoghi comuni, possibilmente se stessi. We need to try. Sfidare, dubitare, capovolgere.

Le rivoluzioni politiche ed economiche sono piccole rivoluzioni: semplici mutamenti di macchina. La nuova  macchina viene montata e revisionata e gira e il grosso della operazione è compiuto! Una rivoluzione vera, assai più complessa, è quella che ha per obbiettivo di rimettere a punto la vita segreta di ogni anima. Non si tratta più di revisioni ma di vizi e virtù, richiami profondi e debolezze, di povere speranze che ci sono così care.

Un cuore ermetico, un’anima, e le sue crisi segrete, i suoi slanci, i suoi crolli, gli affetti di un corpo e  i suoi decadimenti, le paure che si nascondono con tanta fatica, la lotta incerta e oscura che è la felicità: ecco la vera rivoluzione. Recare luce ove è ombra, aiutare a rialzarsi chi sta cadendo, reinsegnare a   pensare cose diverse da un corpo, dominare l’imperfetto, elevarsi verso il meglio. Questa è la rivoluzione che può portare una gioia ma che incute tanta paura. Noi tutti avanziamo tra enigmi.

Auguro, in pratica, di non avere più bisogno di dire BISB
(che vuol dire Basta con gli Incapaci, le Sanguisughe e i Bugiardi).
Basta con i lobbyservitori e i frequentatori di “salotti esclusivi”
eletti dalla maggioranza dei cittadini e abilitati a lobbyservire
usando i soldi pubblici.
Non li votiamo!
Facciano i servitori a casa loro!

Un augurio apparentemente poco impegnativo!
Invece sarebbe una rivoluzione!
E tutto, o quasi, in un paese disinfestato, inizierebbe ad essere più
facile, anche per i giovani!

Buon anno a tutti , ma in particolare a tutti quelli che stanno mettendosi a disposizione per fare si, che avremo un mondo migliore.

Auguri

Marco Tellaroli


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