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sabato 29 giugno 2013

Titoli tossici, noi come la Grecia

Titoli tossici, noi come la Grecia
COMMENTO - GUIDO VIALE
http://www.ilmanifesto.it
Chi o che cosa ha autorizzato i nostri governi a giocare al casinò dei derivati con il denaro degli italiani? Quale regolamento interno, quale legge, quale norma della Costituzione? E perché non se ne può sapere quasi niente? Secondo quanto riferito da la Repubblica (e dal Financial Times) del 26 giugno, il Tesoro italiano è esposto per 160 miliardi di euro (più di un decimo del Pil italiano) con operazioni sui derivati la cui data di stipulazione non è nota. Il governo Monti ne ha rinegoziati nel corso dell'anno scorso per un importo di 31 miliardi, registrando su queste operazioni una perdita potenziale, non ancora giunta a scadenza, di circa 8 miliardi (poco meno dell'importo con cui la ministra Gelmini e, dopo di lei, il ministro Profumo sono riusciti a distruggere sia la scuola che le università italiane). Naturalmente il ministro del Tesoro ha subito smentito ogni rischio, ma quella smentita vale zero. Infatti solo un anno fa su un'altra partita di derivati del Tesoro si era già registrata una perdita di 3 miliardi, saldata dal governo Monti. Su di essa c'era stata una interrogazione parlamentare dell'Idv e una elusiva risposta - «si tratta di un caso unico e irripetibile» - del sottosegretario Rossi Doria; designato a rispondere non si sa perché, dato che si occupa di scuola e non di finanza, materia sui cui è lecito supporre una sua totale incompetenza. Ma se tanto dà tanto, sui 160 miliardi di derivati in essere, le perdite «a futura memoria», che verranno cioè caricate sul bilancio dello stato nel corso degli anni, per poi dire che gli italiani sono vissuti «al di sopra delle loro possibilità», potrebbero ammontare a molte decine di miliardi di lire.Ma facciamo un passo indietro: da tre anni ci ripetono che la Grecia ha fatto il suo ingresso nell'euro truccando i conti perché, in base al suo indebitamento, non ne avrebbe avuto titolo; di qui i guai - e che guai! - in cui è incorsa successivamente. Successivamente. Perché all'epoca del suo ingresso nell'euro nessuno si era accorto di quei trucchi. Poi si è scoperto che a organizzarli era stata la banca Goldman Sachs, allora diretta, per tutto il settore europeo, da Mario Draghi, nel frattempo assurto alla carica di presidente della Bce, cioè dell'organo preposto a garantire la riscossione di quei debiti contratti in modo truffaldino. E di quei trucchi non si è più parlato.
Ma lo stratagemma a cui il governo greco e Goldman Sachs erano ricorsi per truccare i conti era proprio quello di nascondere un indebitamento eccessivo (secondo i parametri di Maastricht) dietro a derivati da saldare in futuro. Nello stesso periodo - o poco prima, cioè con maggiore preveggenza - il governo italiano sembra essere ricorso esattamente allo stesso stratagemma: ufficialmente per coprire il debito italiano dai rischi del cambio (allora c'era ancora la lira) e dalle variazioni dei tassi di interesse: i derivati sono stati infatti introdotti nel mondo della finanza come forma di assicurazione contro la volatilità dei cosiddetti mercati; ma, come si vede, la funzione che svolgono è esattamente il contrario. E' comunque del tutto evidente che lo scopo effettivo di quelle operazioni era quello di "truccare" i conti e garantire così anche all'Italia l'ingresso nell'euro. Qui la presenza ricorrente dello stesso personaggio è ancora più dirompente; perché nel periodo che intercorre tra la probabile - non se ne sa ancora molto - sottoscrizione di quei derivati e l'emersione dei primi debiti che essi comportano Mario Draghi è stato direttore generale del Tesoro (l'organismo contraente) dal 1991 al 2001; poi, utilizzando in modo spregiudicato il cosiddetto sistema delle "porte girevoli", responsabile per l'Europa di Goldman Sachs (una delle banche sicuramente coinvolta in queste operazioni), poi Governatore della Banca d'Italia e poi presidente della Bce e in questo ruolo uno degli attori più decisi a far pagare agli italiani - e agli altri infelici popoli vittime degli stessi raggiri - la colpa (in tedesco schuld, che, come ci ricordano i ben informati, vuol dire anche debito) di essere vissuti "al di sopra delle proprie possibilità".
Non basta: ogni sei mesi, ci informa sempre Repubblica, il Tesoro è tenuto a trasmettere una relazione sullo stato delle finanze pubbliche, comprensivo anche dei dati sull'esposizione in derivati, alla Corte dei Conti. Ma in venti anni o quasi, questa si è accorta solo ora dei rischi connessi a queste operazioni e, per saperne di più, ha inviato la Guardia di Finanza nelle stanze del Tesoro; che però si sarebbe rifiutato di esibire la relativa documentazione. Ci ricorda qualcosa tutto ciò? Si ci ricorda da vicinissimo le recenti vicende del Monte dei Paschi di Siena i cui dirigenti - oggi in carcere o sotto inchiesta perché considerati dalle procure di Siena e Roma degli autentici delinquenti - sono riusciti a nascondere alla vigilanza della Banca d'Italia (che combinazione!) una esposizione debitoria incompatibile con il regolare funzionamento di una banca, nascondendola sotto degli onerosissimi derivati, che hanno tenuto rigorosamente nascosti per anni.
Il casinò dei derivati accomuna così le istituzioni di governo del paese alle banche truffaldine (per ora MPS; ma chissà quante altre si trovano nelle stesse condizioni, e non solo in Italia. Mario Draghi al vertice della Bce non ispira certo tranquillità). Per saperne di più, cioè per capire in che mani siamo finiti, in che mani ci hanno messo i governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni (da quando la teoria liberista e il pensiero unico la fanno da padroni e, in termini pratici, da quando è stato portato a termine il famigerato divorzio tra Tesoro e Banca centrale che ha messo le politiche dei governi in balia della finanza: leggi degli speculatori internazionali), basta leggere la sinossi di come funziona il casinò dei derivati che ne fa Luciano Gallino (Repubblica, 26 giugno).
«Nel mondo - spiega Gallino - circolano oltre 700 trilioni di dollari (in valore nominale) di derivati cioè 700mila miliardi, oltre 10 volte il valore presunto del prodotto lordo mondiale, nota mia], di cui soltanto il 10 per cento, e forse meno, passa attraverso le borse. Il resto è scambiato tra privati, come si dice, "al banco", per cui nessun indice può rilevarne il valore». Ma aggiunge, anche di quel dieci per cento scambiato nelle borse, a definirne il valore concorre solo il 40 per cento cioè il 4 per cento degli scambi complessivi, nota mia]. «Di quel 40 per cento, almeno quattro quinti hanno finalità puramente speculative a breve termine...Di tali transazione a breve, circa il 35-40 per cento nell'eurozone e il 75-80 per cento nel Regno Unito e in USA si svolgono mediante computer governati da algoritmi...che operano a una velocità anche di 22mila operazioni al secondo...Ne segue che chi parla di "giudizio dei mercati" praticamente tutti gli esponenti del mondo politico, imprenditoriale, manageriale e accademico europei, nota mia] dovrebbe piuttosto parlare di "giudizio dei computer". «Macchine cieche e irresponsabili - aggiunge Gallino - opache agli stessi operatori e ancor più ai regolatori. E per di più, inefficienti». Ma molto efficienti però, aggiungo io, nel trasferire ricchezza dai redditi da lavoro e dalla spesa sociale ai profitti e alla rendita, compito che nel corso degli ultimi trent'anni hanno svolto egregiamente. E non senza che gli addetti alla "regolazione" dei mercati, siano essi manager o politici, o entrambe le cose grazie al sistema delle "porte girevoli", ci abbiano messo tutta la loro scienza e il loro potere per portare questo trasferimento fino alle estreme conseguenze, quelle che oggi possiamo vedere esposte in vetrina nella catastrofe della Grecia. Ma allora, perché continuare a rimaner sottomessi a un sistema simile? Non è ora di trovare la strada per tirarsene fuori al più presto?

I partiti vogliono cambiare la Costituzione con un colpo di mano

I partiti vogliono cambiare la Costituzione con un colpo di mano


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"Colpo di mano del governo con l’assist della Boldrini. A fine luglio sarà portato in aula il provvedimento per cambiare l'art.138 della Costituzione che stabilisce le regole per modificare la stessa Costituzione. Si fa di corsa, a fine luglio. Il M5S si opporrà. Gli esponenti della maggioranza si appellano per giustificare la fretta a modifiche importantissime. Perché discutere l'importantissima modifica della Costituzione a fine luglio? Perché forzare i tempi della Camera per cambiare la Costituzione con gli italiani in vacanza distratti con la regia della presidente della Camera Boldrini?" M5S Camera
L'articolo 138 che i partiti vogliono cambiare: Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

fonte: www.bebbegrillo.it 

domenica 23 giugno 2013

Aspettando Godot l'Italia muore.

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Mentre il Governo si trastulla aspettando Godot, l'Italia rischia il default. Bisogna agire al più presto con la ristrutturazione del debito. Gli interessi chiesti dal mercato sui nostri titoli di Stato decennali sono aumentati del 10% nelle ultime due settimane. Lo spread è tornato a circa 300 punti, ai livelli di settembre del 2012, e il suo rialzo è appena iniziato perché il mercato dovrà digerire molte brutte notizie per l’Italia.
La prima notizia. E’ ormai chiaro che la "droga" monetaria fornita dalla FED negli ultimi anni ad un ritmo di 85 miliardi di dollari al mese e di acquisti di titoli di Stato stampando moneta è finita. L’annuncio di Ben Bernanke è stato una doccia fredda per i mercati. L’economia americana è ripartita a tal punto da non richiedere più il sostegno della FEDche ora è preoccupata di frenare l'inflazione. I rendimenti sui titoli di Stato sono destinati ad aumentare: il decennale americano è arrivato a 2,5% di interesse: il più alto incremento di rendimento settimanale dell’ultimo decennio. Anche il Bund tedesco ha aumentato i suoi rendimenti. E allora perché si dovrebbero comprare titoli di Stato italiani se economie molto più solide offrono sempre maggiori rendimenti? L’Italia è vittima del suo ritardo perché non ha agito sul debito pubblico durante gli anni della politica monetaria favorevole degli Stati Uniti. E' scontato che i rendimenti dei titoli di Stato di molti Paesi ripartiranno rendendo di difficile collocazione i nostri titoli.
La seconda notizia. Nei mercati emergenti, dal Brasile alla Cina, l’economia sta rallentando. Una doppia brutta notizia, sia per la nostra economia che vive di esportazioni verso questi Paesi, sia per la fuga di capitali dai mercati emergenti verso gli Stati Uniti che costringerà le loro banche centrali ad alzare i tassi di interesse, come ha fatto l’Indonesia. Un'ulteriore concorrenza per i nostri titoli.
La terza notizia. Tutta la periferia d’Europa porta pessime nuove per l’Italia. Il rendimento dei titoli decennali portoghesi è schizzato al 6,6% contro 5,2% di inizio giugno. Stessa cosa per quello irlandese arrivato al 4%. L’Irlanda deve finanziarsi sul mercato per restituire a dicembre 2013 i 67,5 miliardi di euro di prestiti europei per il salvataggio delle sue banche. Ed è di 78 miliardi di euro il conto che il Portogallo deve rimborsare entro giugno 2014. Portogallo e Irlanda rischiano di dover presto ristrutturare il debito con l’Europa. Mentre l’Italia sta decidendo il da farsi con annunci propagandistici, gli altri Paesi non solo hanno chiesto aiuti, ma stanno già rinegoziando le condizioni di tali aiuti, in sostanza la ristrutturazione del loro debito. Cipro ha chiesto di ridiscutere il suo salvataggio di 17,5 miliardi di euro che include la tassazione sui depositi bancari. In Grecia c'è la crisi di Governo. Se si aggiunge la probabile ristrutturazione del debito in Argentina, la parola tanto temuta in Italia: "ristrutturazione del debito" è all’ordine del giorno. Ristrutturare il debito, quindi deprezzare i nostri titoli di Stato e farlo ora, il più presto possibile, per l’Italia significa scaricare il 35% delle perdite all'estero Attendere che tutto il debito sia in mano italiana, facendolo comprare alle nostre banche, prima di ristrutturarlo vuol dire fare un enorme favore alla Germania e alla Francia che ne posseggono una gran parte, non certo agli Italiani che si troverebbero a sostenere tutte le perdite, esattamente come successo ai greci.
La quarta notizia. Quando lo stanziamento di 60 miliardi di euro per ripulire i bilanci delle banche sembrava acquisito con l'Unione bancaria, i partner europei si sono arenati. La Germania pretende che prima di attingere al salvadanaio europeo ogni governo contribuisca con il 20% del costo e le banche delle singole nazioni aumentino il patrimonio con la conversione di strumenti di debito in titoli propri o la imposizione di perdite che potrebbero includere i depositi bancari. Se ipotizziamo 20 miliardi di euro per "ripulire" le banche italiane, arrivate a 140 miliardi di euro di sofferenze (ndr; crediti difficilmente o non esigibili), significa che la metà dovrà metterla l’Italia tra governo centrale e privati.
La Spagna ha ottenuto sostegni europei per 100 miliardi di euro per le banche in difficoltà. L'Italia è inerte. Aspettando Godot, l'Italia avrà come unico risultato l'aumento del costo del suo salvataggio che sarà fatto interamente sulla pelle dei cittadini. Come? E’ quello che stanno decidendo. Se con una mega patrimoniale, con un'ulteriore austerity o mettendo le mani sui depositi bancari. Chi è responsabile al governo di una strategia così miope? C'è qualcuno a Palazzo Chigi?
Il tempo e’ una risorsa preziosissima che si sta lasciando trascorrere senza agire. Questo atteggiamento non farà altro che aumentare il costo che la crisi presenterà agli italiani. Le stime dei conti pubblici del Governo prevedono una crescita negativa del PIL di meno 1,3% per il 2013. In realtà nella prima metà del 2013 l’Italia ha viaggiato a meno 2,4%ed è probabile che si chiuda l'anno con meno 3%. Qualcuno sano di mente può credere che l’Italia possa crescere dell'1% nella seconda metà del 2013 come prevedono Letta&Alfano? L’Italia è avviata verso una manovra di aggiustamento dei conti pubblicidi almeno 20 miliardi (che potrebbero raddoppiare) dopo l’estate. Altro che permesso dell’Europa di sforare il 3% di deficit. Altro che rinvio dell’IMU. Aspettando Godot l'Italia muore.

sabato 22 giugno 2013

il male del biogas

                       

                                  Quale pesante eredità stiamo lasciando ai nostri figli in nome del progresso e del consumismo?


il male del biogas

È un male italiano: o forse è proprio una di quelle debolezze umane, di quei limiti contro i quali lottare quotidianamente. È la perpetrata volontà di fare il male, anche e spesso, passando dal bene.
Il riferimento specifico è alla questione degli impianti a biogas (e le biomasse), che si sta dipanando davanti i nostri occhi con una certa insistenza. Perché il biogas è un bene, se applicato nei contesti corretti, ma diventa un male, pessimo esempio di infima speculazione, in altri situazioni.Produrre più, per spreco volontario, senza necessità umana. Intere quantità di messi mandate al macero, semplicemente perché è così che si guadagna soldi. Tutto l'opposto della sovranità alimentare, concetto profondo quanto estremamente importante in questi periodi. Ma qui si anche apre un'altra serie di problematiche correlate, che rendono la questione ancora più spinosa. Perché con la scusa che quel mais (o quant'altro) non è destinato al consumo, né umano né animale, si punta alla resa: più prodotto c’è, più biomassa si crea, più energia si produce, più soldi entrano in tasca. E per arrivare all'obiettivo, si fa ampio uso di fertilizzanti e pesticidi: prodotti che andranno a fissarsi sul suolo o ancora peggio, penetreranno in profondità inquinando le falde acquifere. E dunque, il fine ecologico non solo viene confutato dall'uso, ma addirittura è alterato negativamente, producendo un ulteriore inquinamento.

Le problematiche non finiscono qui, perché a questo si aggiunge la snaturalizzazione del territorio. Sia per l’intensità colturale e per le densità, sia per le colture in sé, spesso disintegrate dai contesti agricoli circostanti. D'altronde, se l’obiettivo è produrre, non si può pensare se la produzione è idonea o meno: si deve andare e macinare, mais e soldi allo stesso ritmo. Campagne alterate da macchie colturali disomogenee con il resto del coltivato. Poco importa, anche perché poi, quelle compagne saranno ancora più alterate, dall'impianto in sé. Ecomostri piazzato in mezzo al verde – di solito è così – senza che il prezzo di tale scelta urbanistica possa corrispondere ad un reale beneficio. Perché vero che si chiuderebbe un occhio davanti alla necessità prioritaria della comunità – per dire: serve smaltire i rifiuti, e per farlo serve un certo tipo di struttura, impattante sì ma necessaria per il bene di tutti. Invece no: in questo caso, il bene sta solo nel portafoglio dell’investitore. Impianti, che per di più, hanno durata limitata e che devono essere necessariamente ammodernati, rappresentando un spesa, che molto probabilmente – anche a fronte di un ritocco al ribasso delle tariffe di guadagno che sta già avvenendo – potrebbe non essere sostenibile, o meglio potrebbe non rientrare più nell'interesse di chi ha investito. Perché la speculazione è così che va: senza guardare indietro. La domanda, allora, diventerebbe: come rivalorizzare il valorizzatore? Cosa farne di quegli enormi edifici di cemento armato in mezzo alla campagna, una volta dismessi. Perché quando finiranno i soldi – quelli profumati, quelli facili, quelli del guadagno ampio – gli interessi si sposteranno altrove, senza portarsi dietro certe pesanti strutture. Resterà invece, un territorio deturpato da colture non funzionali alle richieste della popolazione, da reti infrastrutturali non fruite e sovrabbondanti.
E. R. e D. B.

Petizione Contro il Biogas di Bracciano

http://firmiamo.it/petizione-contro-il-biogas-di-bracciano#petition

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